Il Bello delle Opportunità, senza Opportunismo.
Nel mondo del lavoro parliamo spesso di “opportunità” che incontriamo, proponiamo o cerchiamo. È una parola che mi piace molto: riesce a proiettarci subito nel futuro, è diversa dall’occasione, che è legata al caso e sfugge al nostro controllo.
L’opportunità invece richiama la nostra capacità di immaginazione e di auto – determinazione. Vediamo insieme perché, ma prima una piccola premessa.
Se penso al mio percorso, ho ben chiari quei momenti che sono stati per me delle opportunità: strette di mano, messaggi, corsi, incontri con colleghi o professionisti che non conoscevo, da cui ho appreso, imparato e migliorato. Con alcuni abbiamo condiviso dei progetti, delle esperienze professionali interessanti, con altri degli splendidi rapporti professionali, che mi hanno arricchita, contribuendo in maniera concreta alla mia crescita personale e poi professionale. Senza queste persone, non sarei io.
A loro sarò sempre grata.
Per questo oggi mi chiedo: cosa sarebbe accaduto se avessi rifiutato quegli incontri o quei progetti, se li avessi letti con la lente dell’opportunista?
Ma chi è un opportunista?
L’opportunista è colui che considera la relazione un mezzo per raggiungere il proprio obiettivo. Parla pensando a cosa potrebbe guadagnare da quella chiacchierata e quasi mai al reciproco valore che la relazione e lo scambio potrebbe portargli.
L’opportunista lega ogni azione ad un proprio tornaconto personale, è strategico e quando comprende che un’esperienza o un incontro possono essere fonte di guadagno, spesso economico, compare. Se percepisce che il suo interlocutore non è più funzionale alla sua causa, egli generalmente scompare. È una presenza intermittente. Sono molti gli esempi di opportunisti che si aggirano nel mondo del lavoro.
L’opportunismo viene messo in atto anche nei piccoli gesti quotidiani, quando non si dà (o non si riceve, a seconda di quale ruolo ricopriamo) risposta all’ email o alla telefonata di un fornitore, con cui si è intrattenuta un’intesa attività di corrispondenza fino a qualche giorno prima, perché si è optato per un suo concorrente, o quando in maniera miope, non rispondiamo più al recruiter con cui abbiamo sostenuto un colloquio, perché abbiamo valutato un’altra proposta o con assoluta cecità, quando da recruiter evitiamo di dare risposta al candidato sul quale non è ricaduta la nostra scelta.
Ognuno di noi, se vuole, può limitare la quantità di opportunismo che ci circonda, riflettendo sui piccoli ma sempre grandi gesti quotidiani, facendo in modo che “il ruolo” che ricopriamo non sovrasti il rispetto che meritano le persone che ci circondano, che aspettano risposte, conferme e hanno bisogni che presto o tardi avremo anche noi.
Ma attenzione, perché l’opportunismo è pericoloso non per lo sdegno momentaneo che può generare, ma per la possibilità di contaminare l’ambiente. A volte si rischia di adottare una mentalità opportunistica (e questo accade per tutti i comportamenti) non perché sia legata ad un nostro valore, ma perché si è circondati e influenzati da comportamenti opportunistici, pensando che questo atteggiamento così determinato e orientato all’obiettivo, sia la norma di riferimento, in un mondo del lavoro che percepiamo sempre più veloce e competitivo.
Non è così. Questo modo di intendere le relazioni ci impedisce di costruire il nostro futuro, di visualizzare il nostro percorso e di essere davvero ciò che vorremmo diventare. Seguendo questa linea, cerchiamo il compromesso e non ascoltiamo i nostri Valori.
Infatti le opportunità hanno delle caratteristiche che le rendono tali e se adottiamo una mentalità opportunista, il rischio è quello di non riconoscerle.
La prima caratteristica dell’opportunità è l’Invisibile: non sempre quando arriva, si palesa.
È come Ulisse, quando tornò ad Itaca, arriva sotto mentite spoglie. Per intenderci, l’opportunità non è quasi mai una gustosa torta al cioccolato, o un maglione in una fredda giornata d’inverno. Non sempre riusciamo a cogliere il bisogno o il valore a cui collegare quell’esperienza.
Il più delle volte, ci fermiamo al presente, o forse siamo prigionieri di una mentalità consumistica che ci influenza nel valutare solo il beneficio immediato che quel lavoro, quel progetto potrebbe avere per noi. Non ne consideriamo le potenzialità e non possediamo neppure l’immaginazione, per poter creare uno scenario positivo nella nostra mente e iniziare a lavorare in quella direzione.
L’altra caratteristica dell’opportunità è l’inesistenza o inconsistenza: potrebbe non esistere, o non arrivare mai, se non siamo pronti.
Sta a noi capire come trasformare ad esempio, la nostra esperienza attuale o il nostro ruolo in un contributo personale, autentico e “indispensabile”. Perché a me la storia che siamo tutti utili, ma nessuno indispensabile, non ha mai convinto del tutto.
Rendiamoci indispensabili in ciò che facciamo, per come lo facciamo, per quanto ci crediamo, per il Valore che portiamo, auto determiniamo il nostro presente e il nostro futuro.
Ora per evitare che il maglione infeltrisca o la torta si sciolga, non facciamo come Penelope che non riconobbe Ulisse e proviamo a riflettere:
- Non chiediamoci : “Cosa guadagno?”, ma “Cosa potrei perdere, se non approfondissi, se non accettassi questa proposta, questo progetto”?
- Chiediamoci “Cosa potrei imparare da questa esperienza?” Quali connessioni potrebbe portarmi? A lungo termine in che cosa si potrebbe trasformare ? Cosa potrei imparare da questa persona?”
- Chiediamoci: “Io che valore aggiunto potrei portare a questa persona, a questo ambiente ? In che modo potrei esprimermi al meglio in quel contesto? Potrei scoprire nuovi aspetti di me, che non ho conosciuto ancora.
La Storia, a cui guardo sempre con conforto, è piena di persone eccezionali che hanno visto gli eventi con lo sguardo dell’opportunità non per loro stessi, ma per l’Umanità.
Marie Curie, donna e scienziata straordinaria e prima persona al mondo ad avere vinto due premi Nobel per la fisica nel 1903 e per la chimica nel 1911, quando scoprì il processo di isolamento del radio (utilissimo per le future cure e ricerche sul cancro) decise di non depositare il brevetto internazionale, per permettere alla comunità scientifica di proseguire le proprie ricerche e favorire il progresso della scienza. Quando conobbe Pierre Curie, suo futuro marito, lui era il capo di laboratorio della scuola di Fisica e Chimica Industriale di Parigi. Grazie ai loro studi e al valore che riuscirono a trarre reciprocamente, ottennero Insieme il Nobel per la chimica.
Questo incontrò cambiò la vita di entrambi e anche la nostra. È un episodio a cui penso spesso, quando rifletto sulle opportunità degli incontri e delle persone che possono cambiare il corso delle nostre vite, se solo abbiamo la capacità di vederle.
Se vediamo le persone che incontriamo, le esperienze e i rapporti che creiamo, non come un mezzo, ma sempre più come un fine che contribuisce alla nostra crescita e una risorsa grazie alla quale posso esprimere al meglio me stessa e aiutare gli altri a fare lo stesso, nella versione migliore di noi Esseri Umani.