Antifragilità: che cos’è e perché può esserci utile.

Mi sono ispirata a un libro per scrivere questo articolo, perché i libri hanno molti poteri.

Tra questi c’è senz’altro quello della cura.

Ed è stato in un luogo di cura che ho letto le ultime pagine di Antifragile di Nassim Taleb. Perché in alcuni momenti, solo una lettura differente e asimmetrica di quanto ci accade, può aiutarci a proseguire.

Antifragile stravolge la visione della realtà e della nostra naturale inclinazione a evitare le difficoltà, a preferire l’ordine, a temere ogni forma di turbolenza.

L’antifragilità ama il disordine e la volatilità, è il frutto di una mentalità anticonformista che vede proprio nelle situazioni difficili l’opportunità per prosperare. Rifiuta l’equilibrio, la calma, non si concentra sulla previsione, ritenendola una capacità illusoria.

Il concetto di antifragilità si può applicare in ambiti diversi: nella crescita personale, in ambito economico, politico e nelle organizzazioni. In questo articolo mi soffermo solo sulla definizione di antifragilità.

La Triade

Taleb descrive una triade composta da fragile, robusto e antifragile.

Che cos’è fragile?

Tutto ciò che si spezza, si rompe, non ha resistenza e soccombe alle difficoltà, agli ostacoli, a qualsiasi alito di vento.

Nella mitologia greca, è fragile il crine di cavallo che sostiene la famosa spada di Damocle.

La leggenda racconta che Dioniso invita Damocle a un banchetto. Lo fa accomodare in modo che sulla sua testa resti sospesa una spada, simbolo degli effetti collaterali del potere, del successo, della crescita. La spada è legata al soffitto da un unico crine di cavallo, materiale che, sottoposto a una pressione, si spezza.

Questo ci insegna che non è possibile raggiungere il successo senza considerare una minaccia costante: il pericolo che proprio come la spada, è silenzioso. Un cigno nero che incontriamo quando il successo o la crescita sono al culmine e non ce lo aspettiamo.

Il successo ci rende vulnerabili.

Che cos’è robusto? Robusto è tutto quanto riesce a resistere, è forte, non soccombe di fronte a elementi di stress, rimane più o meno identico a sé stesso.

Robusto come la Fenice, un uccello dalle piume colorate, che muore e rinasce identico a prima.

Che cos’è antifragile?

L’Idra, una creatura mitologica con tante teste, che vive in un lago e ogni volta che una testa viene tagliata, ne spuntano due. L’idra si rafforza grazie al danno.

Antifragile è tutto quello che prende forza, si attiva, usa risorse insolite e sconosciute in presenza di stress, ostacoli e caos. Sono le risorse straordinarie che emergono nei momenti di difficoltà e permettono a un sistema o a una persona, di migliorare, crescere e innovare.

Se ci concentriamo sulle conseguenze negative del disordine, siamo fragili. 

Se ci concentriamo su quelle positive, diventiamo antifragili. 

L’utilità dei fattori di stress 

L’antifragilita è un neologismo creato dall’autore. Non la conosciamo dal punto di vista linguistico, ma la conosciamo già dal punto di vista biologico.

“Sappiamo più di quello che pensiamo di sapere e molto più di quello che riusciamo a esprimere a parole” 

Infatti sappiamo che l’esposizione allo stress può portare dei benefici in molti ambiti, ma ci rifiutiamo di accettare che alcune forme di stress possano rafforzare noi stessi e i sistemi che creiamo.

Questo accade perché subiamo la “dipendenza dall’ambito” in cui gli eventi si verificano e non riconosciamo le stesse idee al di fuori del contesto in cui le apprendiamo.

In medicina ad esempio, esistono già delle forme di “robustezza” o per essere più precisi, di proto antifragilità.

La leggenda di Mitridate

Secondo una leggenda Mitridate IV, re del Ponto, fugge dopo l’assassinio del padre ma teme di essere avvelenato.

Per preservarsi da questo pericolo, assume sostanze tossiche in quantità via via più grandi per abituare il proprio corpo al veleno. Con la parola “mitridatizzazione” ci si riferisce all’effetto di esposizione a piccole dosi di sostanze che nel tempo rendono immuni a quantità abbondanti della stessa sostanza. Questo concetto rientra nell’ambito della “robustezza”.

Un concetto simile è quello dell’ormesi: un termine che è stato creato dai farmacologi e che definisce il caso in cui una scarsa dose di una sostanza tossica può portare beneficio all’organismo.

L’antifragilità, una forma di ridondanza come risposta allo stress.

Alla base del concetto di antifragilità c’è quello di ridondanza, come risposta alle difficoltà che incontriamo.

La ridondanza è il metodo che permette ai sistemi naturali di gestire il rischio. Noi, ad esempio, abbiamo due reni proprio per questo motivo.

La stessa ridondanza è una forma di “sovracompensazione”, è quella scorta di risorse emotive che riusciamo a esprimere di fronte alle difficoltà. E le difficoltà  rappresentano la nostra fonte di motivazione più grande per migliorare.

La pensavano allo stesso modo alcune menti dell’antichità.

Catone riteneva che il benessere fosse la strada per la rovina. Quando le cose erano troppo semplici non era soddisfatto, temeva un logoramento della volontà. Questo suo timore non riguardava solo le persone, ma l’intera società.

Epicuro sosteneva che noi siamo governati da piacere e dolore ma siamo molto più motivati dal desiderio di liberarci dalla sofferenza, che dalla ricerca del piacere in sé.

La prevedibilità e l’ordine generano “sottocompensazione”, causata dall’assenza di fattori di stress o dall’assenza di sfida che svilisce anche i migliori.

È quello che accade negli aerei ad esempio, dove l’eccesso di automazione stimola poco i piloti rendendo il loro lavoro troppo facile. Il calo dell’attenzione e l’impoverimento delle abilità professionali provocati dalla scarsità di sfide, sono stati studiati infatti tra le possibili cause di molti incidenti.

“Le quantità aggiuntive di motivazione ed energia in più che derivano da situazioni critiche possono essere viste come capacità ulteriori di cui possiamo disporre e che non avremmo mai saputo di avere, se non avessimo incontrato quelle difficoltà.”

Alla base della capacità di innovare c’è proprio la sovracompensazione, quell’energia in eccesso che scaturisce dall’iperreazione di fronte a una difficoltà, a un errore.

Le risposte antifragili sono sempre una forma di ridondanza.

Lo stress come fonte di conoscenza e informazione 

Non amiamo lo stress anche se è fonte di conoscenza e informazione. Il nostro corpo non riceve le informazioni su ciò che ci circonda dall’ambiente esterno tramite l’analisi o le capacità logiche, ma attraverso le situazioni di stress.

Nei bambini ad esempio, il dolore è l’unica fonte di informazione per valutare il rischio.

Pensiamo a quanto sia importante lo stress per le nostre ossa: si irrobustiscono se sono sottoposte alla gravità, l’assenza di stress può causare invecchiamento.

Ma è importante anche considerare la frequenza con cui affrontiamo i fattori di stress. Noi rendiamo di più quando lo stress è acuto, rispetto a quando è cronico.

Lo stress cronico a cui siamo sottoposti è il frutto della civilizzazione, come ad esempio le email a cui rispondere, i litigi con il capo, le scadenze da rispettare. Questo stress è nocivo.

Un forte stress invece seguito da un periodo di tranquillità, può essere benefico per le informazioni che possiamo raccogliere su di noi e le risorse che possiamo attivare come risposta.

“il mio umore, la mia tristezza, e i miei attacchi di panico sono una seconda fonte di intelligenza, se non addirittura la prima”.

Esempi di antifragilità sotto i nostri occhi

Siamo circondati da esempi di “sistemi” antifragili,:

  • È antifragile l’amore che iper reagisce di fronte a ostacoli come la distanza o  l’impossibilità di poter stare insieme. Pensiamo a Romeo e Giulietta.
  • Sono antifragili i pensieri: più si cerca di sbarazzarsi di un determinato pensiero, più c’è il rischio che diventi un’ossessione. Più energia investiamo nel dominio dei nostri pensieri, più i pensieri si impossessano di noi.
  • Sono antifragili i libri, le idee, le informazioni:  pensiamo alla fama che raggiungono i libri censurati. Le critiche per un libro sono la più sincera forma di attenzione. L’informazione è senza pietà.

Ci sono professioni fragili e altre che lo sono meno. Secondo Taleb un tassista  o un operaio a salario minimo non temono di rovinare la propria reputazione, si sentono liberi di esprimere la propria idea. Si sente meno libero un impiegato di borsa in giacca e cravatta, prigioniero di un sistema che lo rende più incline a farsi corrompere per appagare il suo bisogno di vacanze in un luogo esotico.

Anche la nostra reputazione può essere fragile oppure possiamo lavorare affinché diventi antifragile

“salvo poche eccezioni, coloro che non devono badare a ciò che indossano, sono robusti o persino antifragili, relativamente alla reputazione. I tipi ben rasati, sempre in giacca e cravatta, sono fragili rispetto alla reputazione su di loro”.

Conclusione:

L’antifragilità richiede una mentalità non scontata. Richiede di dare una cornice insolita agli eventi difficili, recuperando l’insegnamento profondo di grandi intellettuali del passato. Richiede la volontà di attribuire un significato nuovo al disordine e al caos e di fare un bilancio anche al positivo: non solo cosa perdiamo, ma cosa diventiamo.

Ma più di tutto richiede il coraggio: quello di affrontare le situazioni complesse, per arrivare fino in fondo e scoprire in che modo ci hanno rafforzato.

Perché senza il coraggio, non si impara nulla.

Taleb non parla di emozioni, nello specifico.

Ma per diventare antifragile, bisogna confrontarsi con la paura: la paura che nelle situazioni difficili può essere forte al punto da non accettarle, rifiutarle.

L’antifragile invece cerca le difficoltà e questo sembra a tratti un atteggiamento anti-umano.

Ma alla fine, è sempre dalle difficoltà, dagli errori, che troviamo la forza, la motivazione per reagire ed evolvere. Ce lo confermano anche le più grandi invenzioni della storia, che hanno migliorato la nostra condizione di salute o di vita, partendo dalla cura di malattie, danni o disagi subiti.

L’ordine che immaginiamo, il comfort che desideriamo sono necessari ma non saranno mai fonte di apprendimento, né di crescita. Rischiamo di appassire, se continuiamo a trasformare tutti gli eventi, ogni istante, in copioni, per azzerare la casualità e il disordine.

Rischiamo di azzerare la vita stessa.

E saremo sempre più fragili se penseremo che le cose andranno sempre come da programma e che per evitare le deviazioni, basterà aggrapparsi alle previsioni.

Mi auguro che questo libro possa dare anche a te una lettura differente, degli eventi ordinati o disordinati che vivrai.